
In un momento di crisi economica generale, le autostrade rappresentano un business in continua crescita e garantiscono elevatissimi margini di profitto. E’ quanto emerge dalla prima relazione della nuova Autorità di regolazione dei trasporti, che ha il compito di stabilire i sistemi tariffari dei pedaggi e definire lo schema di concessione per la tratta Modena-Brennero dell’A22, illustrato alla Camera dal presidente Andrea Camanzi.
“I margini operativi – ha spiegato Camanzi – nel 2012 non sono mai risultati inferiori al 20% per tutti i concessionari, e in alcuni casi prossimi al 60%, e un utile operativo anch’esso mediamente pari al 20%, con concessionari che presentano una redditività assai elevata (superiore al 40%)”.
I ricavi ammontano complessivamente a 6,53 miliardi di euro, di cui circa 1,73 sono stati girati allo Stato tra Iva e canone Anas: il resto (4,805 miliardi) è andato alle concessionarie. In altre parole, ogni km di autostrada frutta ai gestori circa 1,15 milioni di euro all’anno, a cui bisogna aggiungere i ricavi da subconcessioni e da altre attività.
Dal 1993 al 2012 i ricavi sono aumentati del 270%, con picchi di crescita superiori al 7% nel 2003 e nel 2010-2011. Solo nel 2012 si è registrata una contrazione del 3,17% circa, dovuta al calo del traffico autostradale.
La ricetta del successo? E’ presto detta: se il traffico sale, le concessionarie possono alzare i pedaggi, perché l’asfalto si rovina e c’è bisogno di manutenzione; se invece diminuisce, i pedaggi aumentano per compensare le perdite.
E vale la pena di ricordare che in Italia le moto pagano gli stessi pedaggi delle auto, nonostante le evidenti differenze in termini di servizi richiesti, usura dell’asfalto e impatto ambientale.
Che sia arrivato il momento di una riforma anche in queste settore?
Redazione